Come forse sapete, o magari non sapete, durante la campagna elettorale delle amministrative del 2013, l’allora candidato Fossi si era inventato i CampLab, i laboratori civici che avrebbero permesso la partecipazione dei cittadini alle scelte programmatiche del candidato medesimo e del di lui partito. Ora, la partecipazione dei cittadini al governo è sempre una bella cosa; è un valore costituzionalmente protetto, ed è una cosa su cui ci si è interrogati a lungo e seriamente, a cominciare dal Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, ma anche in Italia, dove il tema derivato da Porto Alegre aveva ispirato il movimento del Nuovo Municipio nella cui carta c’è scritto, papale papale, che il nuovo comune partecipato intendeva trasformare gli enti locali da luoghi di amministrazione burocratica in laboratori di autogoverno. Nulla di tutto ciò nei CampLab del Fossi, molto più alla buona, alla viva il parroco insomma, dove ci si riuniva su temi decisi non si sa da chi, un po’ in famiglia (tra simpatizzanti, leccaculo e aspiranti tettatori della futura amministrazione); nulla c’era del tentativo audace e orgoglioso del nuovo municipio del farsi istituzione della partecipazione. Erano più incontri in famiglia, insomma, a far finta di discutere di politica. La riprova era infatti che, a rifletterci seriamente, come strumento di partecipazione i CampLab avevano fatto acqua da far paura, peggio dell’alluvione del ’66; Fossi le vinceva sì le elezioni, ma con il passo del gambero, perdendo 2.917 voti rispetto alle precedenti consultazioni amministrative (22,97% in meno). A voler essere coerenti, insomma, bisognava dedurne che non solo i CampLab non avevano aumentato la partecipazione dei cittadini (i votanti erano precipitati dall’84% al… 51%), ma nemmeno degli elettori del PD. Una roba da lasciar perdere insomma.
Libertà è partecipazione… quasi
E invece no; Fossi stupisce tutti e spariglia; i CampLab sono un modello di partecipazione e vanno reiterati oltre la fine della campagna elettorale. Uno potrebbe obiettare che non è che ‘sti CampLab abbiano dato tanto buona prova, e che se uno volesse aumentare il tasso di partecipazione, meglio varrebbe introdurre alcuni strumenti consolidati che altrove invece hanno dato buon esito, e che peraltro sono già stati approvati dal consiglio comunale; tipo il bilancio partecipato, per dirne uno. Ma troppa partecipazione è troppa; meglio puntare sui più tranquilli e soporiferi CampLab. E così nell’ottobre 2013 i CampLab resuscitano come Lazzaro dalla tomba e sono oggetto di due giornate, che hanno lo scopo di creare 4 cabine di regia con diversi attori dove si parlerà, secondo il divisamento dell’amministrazione, di innovazione, territorio, beni comuni e servizi dei cittadini per elaborare proposte che diventeranno “atti di governo”. Intanto parlano loro; a questi due giorni intervengon il Fossi medesimo, il vicesindaco, il presidente del consiglio comunale, un sacco di gente che non si capisce che cazzo c’entri: certo Massimo Giusti, certo Leonardo Sacchetti, certo Ernesto Ferrara, certo Andrea Savelli, certo Cristiano Lucchi, certo Angelo Cimarosti, certo Rosario esposito La Rossa, certo Falco Joannes Bargagli Stoffi. Per ora partecipano questi qui. Poi a novembre 2013 partono i famosi CampLab, che ripetono più o meno la macchietta della campagna elettorale, forse anche meno; ma che sono lo stesso un grande successo, tanto che la Giunta rileverà con soddisfazione estrema che agli incontri hanno partecipato in media ben 15 persone –circa. Essendo 4 gruppi, 60 persone –circa. Sai che partecipazione. Però c’è soddisfazione; i facilitatori dei 4 gruppi si presentano tutti insieme a Villa Rucellai l’11 dicembre 2013 e presentano i materiali usciti dai gruppi medesimi, che la Giunta si studia come le cose sante e a verificare la fattibilità tecnico/amministrativa delle proposte partorite dai valorosi 60. E qui c’è il trucco; si tratta delle stesse modalità previste dal bilancio partecipato, che però, dove lo fanno come dio comanda, il momento assembleare è organizzato e controllato dai cittadini stessi, mica dai facilitatori e dai coordinatori scelti dal comune nell’ambito della prosecuzione della campagna elettorale e sotto il benevolo e paterno controllo dell’amministrazione che decida i temi su cui si deve discutere. Dove lo fanno così? Per esempio al VII Municipio di Roma (dove infatti i cittadini mettono becco sulla politica edilizia, e perciò le assemblee contano centinaia di partecipanti, mica 60). Se la storia finisse qui, sarebbe la narrazione del tentativo piuttosto miserevole dell’amministrazione Fossi di darsi una patina di democrazia partecipativa, che fa finta di essere tanto tanto inclusiva tanto le decisioni prese nelle segrete stanze, e quelle chi le mette in discussione?, e che costa poco. Costa poco? Ahimè, non sarà nemmeno così.
Un infortunio amministrativo
Il successo oceanico di cotanta partecipazione e la compiuta democraticità dell’amministrazione campigiana non può mica essere gratis, no? Le giornate del 19-20 ottobre chi le paga, visto che devono venire tutti questi tizi che non si sa che cazzo c’entrino, ma che fanno figura? E chi le pagherà? Ma il comune, che pure ha una pletora di personale, ma che mica può mettersi a organizzare queste cavolo di giornate per conto suo. Si dà tutto in outsourcing, con la solita formula dell’associazione di volontariato disponibile. Dunque c’è da prenotare qualche albergo (il comune non lo può fare da sé), c’è da richiedere i permessi previsti per legge (molti dei quali li dà il comune, che però non lo può fare lui lì), da pagare la SIAE (boh.. perché la SIAE?). Ora, se il comune non lo può fare, chi meglio di una bella Società Sportiva Dilettantistica, iscrizione al Coni n. 145782, al secolo la Polisportiva 2M, che evidentemente per queste pratiche burocratiche ha tutte le professionalità che mancano al comune. La Polisportiva medesima, con lettera del 26 settembre 2013, accetta di organizzare il tutto per conto del comune dietro regolare corresponsione del rimborso spese. E la giunta, con delibera 214 del 1 ottobre 2013, delibera di affidare alla polisportiva l’incarico. La Polisportiva ottempera, l’amministrazione scrive tutta giuliva del successo oceanico di tutti questi tizi che si continua a non sapere che cazzo c’entrino; e nel frattempo, il 15 ottobre 2013, il responsabile dello Staff del sindaco (componente del gruppo di amici incompetenti) Carlo Andorlini, determina l’impegno di euro 10.400,00 per coprire il rimborso spese che prima o poi la Polisportiva esigerà. Ora, la determina è, dal Dgls. 165/2001, l’atto di spesa nel quale si sostanzia l’autonomia del dirigente. Solo un dirigente può assumere una determina nell’ordinamento della Pubblica Amministrazione italiana. E se Andorlini, voluto personalmente dal sindaco, è stato inquadrato come dirigente, vuol dire che ha certe capacità. Perché allora la determina comporta un impegno di spesa se la Polisportiva non ha minimamente quantificato le spese che occorreranno per l’organizzazione della manifestazione? Alla lettera del 26 settembre non è infatti allegato alcun preventivo dettagliato e di solito le determine si assumono quando è certa la cifra da impegnare. Se non si sa quando si spenderà, come capita per le riparazioni urgenti in cui non c’è tempo per chiedere preventivi, si assume la determina quando c’è la fattura. Invece Andorlini impegna 10.400,00 euro. Come esce fuori questa cifra, se la manifestazione si deve ancora svolgere e i giustificativi di spesa ancora non ci sono? E perché solo 6.400,00 dei 10.400,00 sono impegnati sul capitolo di spesa 400 sc 01 “spese per attività culturali” mentre il resto (4.000,00 euro) va sul capitolo 697 “contributo per attività e sviluppo dell’associazionismo”? Si tratta di un infortunio amministrativo o è un compenso a nero gabellato come rimborso spese?
Liber viene da Liberare
La lettura dei libri, si sa, è attività propria degli uomini liberi, perché rende liberi. E siccome il solito Andorlini è uomo colto e sa che “la partecipazione sia come cultura del civismo e della corresponsabilità sia come impegno che nasce dal continuo e costante confronto con la gente” è il punto qualificante di questa Amministrazione, bisognerà proprio divulgare tutto il ricco, ricchissimo materiale prodotto dai valorosi 60 realizzando un libro, Di qui, oltre ad avere già speso la bellezza di venti milioni di vecchie lire per questa amenità, ecco la seconda pensata: chiedere alla IDEST quanto possa costare la stampa di un numero limitato di copie di un simile volume. La IDEST risponde con lettera del 18 dicembre 2013, stavolta con un preventivo come Dio comanda, offrendosi anche di fare il lavoro di editing (evidentemente l’italiano anzi l’itagliano zoppicava). Quindi, come da determina n. 1 del 24 dicembre 2013, un numero limitato di… 1.500 copie costerà altre 7.200,00. Ora, chi conosce un po’ l’ambiente librario sa che nella saggistica la vendita di un testo va dalle 500 alle 1.500 copie; un saggio che venda 500 copie è un successo, mentre un saggio che ne venda 1.500 è un grande successo. Ciò detto, realisticamente, quante copie ci si può aspettare che venda il libro dei magnifici 60? La risposta è ovvia: zero. Ai cittadini non gliene frega nulla, sennò sarebbero intervenuti ai CampLab medesimi. Ai 60 forse, ma comunque 1500 diviso 60 fa 25 copie a testa. Troppe anche per loro. Dunque è facile prevedere che anche questa tiratura finirà in qualche scantinato, come tante altre precedenti, per la gioia di topi e di tarli –a parte le copie regalate dal sindaco a varie personalità con cui si illuderà di fare bella figura (perché la personalità butterà subito il libro nella differenziata). E con questo il totale va a 17.600,00 euro: 35 milioni delle vecchie lire, troppi per l’ego ipertrofico di una classe politica che magnifica se stessa a spese nostre e che maschera appena la propria insipienza amministrativa, producendo determine farlocche e rimborsi spese dietro la presentazione di nessun giustificativo di spesa. Secondo noi le spese oggetto di rimborsi (ricordiamo ancora una volta che si tratta di soldi pubblici) devono essere tutte documentate con fatture e scontrini per comprovarne la spesa effettiva sostenuta dall’associazione. Ma, come ci ha detto una volta il sindaco in persona, questo è il nostro stile amministrativo. A parte che ci sembra uno stile amministrativo un po’ del cazzo, più da Re Sole che da amministratore tenuto, come da codicistica, al buon senso del padre di famiglia, è proprio questo il guaio. E’ uno stile amministrativo. Per cui se qui sono ancora solo 17.400,00 euro, poi si passa alla disinvoltura con cui si affidano servizi e lavori alle varie associazioni di volontariato, citiamo l’associazione anziani, tanto per non fare nomi che becca € 97.000,00 Esentasse. Diconsi novantasettemila (determina 165 del 24/12/2013) per attività varie di natura sociale e di sorveglianza spazi pubblici. E qui dal caso si passa ai casi. Amari!